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Vuoi cucinare su un apecar? Ecco cosa ti serve

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Spese di affitto locali, immobilizzazione di capitali, rischio di perdere la clientela per colpa dei lavori stradali… Tutto questo non sarà più un problema se si opta per la vendita di cibo on the road. Ma come si fa per avviare l’attività?

In gran Bretagna servono solo 45 minuti online per ottenere l’abilitazione a somministrare cibo. Da noi la burocrazia è un po’ più lunga, ma non impossibile. Se non si vuole avere pensieri, ci si può affidare a società specializzate proprio in questo, come la Food Truckers Italia di Milano o la Streetfood Project. Oppure la spezzina Street Food Mobile di Andrea Carletti, architetto che da 10 anni organizza spazi mobili offrendo consulenza rispetto alla progettazione, realizzazione e noleggio o gestione diretta o vendita di format per lo street food. I costi per un servizio “chiavi in mano”, ovvero dall’ideazione, all’immagine coordinata, all’allestimento agli adempimenti burocratici, possono variare da 10mila a 40-50mila euro. «Chiaramente – ci dice Carletti – la variante sta nel tipo di mezzo da allestire: è diverso preparare un furgoncino per cuocere la pizza o per cucinare tortellini o per servire sushi». Altre variabili sono il tipo di licenza richiesta e il fatto che ogni regione e comune ha leggi diverse riguardo al commercio ambulante, con tempi e modalità differenti.

Come aprire un’attività di food trucker. Cominciamo dalle licenze

E veniamo proprio alla burocrazia. In Italia tutto il “Commercio Ambulante” o “Commercio su Aree Pubbliche” è disciplinato per lo più da leggi regionali ai sensi dei titoli I e X del Decreto Legislativo n. 114 del 31 marzo 1998, che ha portato un radicale cambiamento in tutto il settore commerciale. Tra le novità vi è, però, la semplificazione delle categorie merceologiche da 14 a due: alimentare e non alimentare.

I food truck, in particolare, sono regolati dal “commercio al dettaglio su area pubblica”, ovvero strade, canali, piazze, comprese quelle di proprietà privata gravate da servitù di pubblico passaggio. O anche ogni altra area di qualunque natura purché destinata ad uso pubblico.

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Per il commercio alimentare ambulante, quindi, esistono due tipi di licenza, a seconda dell’attività che si intende svolgere.

1) Tipo “A” prevede l’uso di posteggio in un’area di mercato e viene rilasciata su richiesta nel Comune in cui sono disponibili dei posti, contemporaneamente al contratto di concessione decennale del posteggio medesimo e consente la vendita in forma itinerante nell’ambito di tutta la Regione in cui viene rilasciata e la partecipazione alle fiere in tutto il territorio nazionale. Ogni sei mesi (tra marzo-aprile e settembre-ottobre) la Regione pubblica sul Bur (Bollettino ufficiale della regione) e nell’Albo Pretorio del Comune l’elenco dei posteggi liberi. Naturalmente, nei Comuni dove i posteggi sono esauriti l’unico modo per entrare in possesso di una autorizzazione di tipo “A” è tramite il subingresso, che può essere ottenuto con atto notarile di cessione di azienda o di ramo di azienda o tramite scrittura privata legalizzata sempre da un notaio.

2) Tipo “B” viene rilasciata su richiesta con lettera raccomandata, dal Comune di residenza e consente il commercio in forma itinerante in tutto il territorio nazionale; il commercio nelle fiere; il commercio nei mercati, limitatamente ai posteggi non assegnati o provvisoriamente non occupati per assenza dei titolari. Per l’assegnazione, di solito, si segue un ordine di rotazione disposto periodicamente dal sindaco.

Requisiti per ottenere le autorizzazioni

Per entrare in possesso delle autorizzazioni bisogna essere in possesso dei requisiti soggettivi (anche morali, art 71 – commi da 1 a 5) previsti dalle norme legislative in materia e dai requisiti oggettivi.

Per la vendita di prodotti alimentari, se si è ditta individuale, è quindi necessario essere in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti professionali, dimostrabili con certificazioni: essere stato iscritto al Rec presso la propria Camera di Commercio; aver frequentato con esito positivo il corso professionale per il commercio del settore alimentare per un numero di ore previsto in ogni singola regione; aver esercitato in proprio per almeno due anni nell’ultimo quinquennio l’attività di vendita nel settore o di aver prestato la propria opera presso imprese esercenti l’attività di vendita quale socio, dipendente qualificato o collaboratore; essere in possesso di diploma di scuola alberghiera o di diploma o titolo equivalente.

Per le società (ammesse solo di persone, in nome collettivo, in accomandita semplice) serve indicare un preposto che abbia i requisiti professionali.

La verifica dei requisiti morali ed eventualmente professionali spetta al Comune in cui ha sede l’attività. Le richieste vanno fatte in forma scritta, salvo le amministrazioni che hanno già provveduto ad attivare la procedura online. Le spese da sostenere per licenze e occupazione di suolo pubblico sono comunque molto ridotte.

Ottenuta l’autorizzazione amministrativa, si procede all’apertura della partita Iva e all’iscrizione alla Camera di Commercio, all’Inps e all’Inail. Altre informazioni si possono trovare sul sito sui servizi per la Comunicazione Unica: www.registroimprese.camcom.it. Fac simili dei moduli si trovano su www.italiaambulante.com o su fiva.it.

Ultimo passo: norme igienico-sanitarie e immatricolazione

L’esercizio dell’attività di vendita di prodotti alimentari è soggetto anche alle norme comunitarie, nazionali e regionali che tutelano le esigenze igieniche e sanitarie. In particolare, i requisiti delle attrezzature di vendita e le modalità operative sono state stabilite con Ordinanza del Ministero della Salute 3 aprile 2002. La relativa autorizzazione sanitaria è rilasciata quindi dall’Asl. Ottenuta anche questa autorizzazione si può procedere con l’immatricolazione della vettura che dovrà essere registrata come veicolo speciale per uso negozio.

Il mezzo: veicoli e allestimenti

«Non è un lavoro facile – sottolineo Carletti – anche se molto divertente: bisogna sapere cuocere i cibi, incontrare tantissime persone, stare all’aperto per molte ore, fare marketing di se stessi, sostenere orari massacranti, fino alla sera tardi e nei week end. E il mezzo deve essere sempre dotato di tutto punto, considerando che dovrà essere autonomo dal punto di vista energetico e idrico». Quindi necessita di un generatore di corrente e serbatoi per l’acqua, oltre che di frigoriferi, piastre per cuocere ed elementi per lo stoccaggio.

Se l’attività è più stanziale – ad esempio all’interno di un centro commerciale – ovviamente il mezzo potrà essere più snello ed economico, se invece è ambulante puro, dovrà essere in grado di circolare, avere più attrezzature e di conseguenza sarà più costoso. «Poi – conclude Carletti – bisogna considerare i costi delle attrezzature per la cucina: ho visto montare forni elettronici da 50mila euro su un’apecar». Altro costo da prevedere è un piccolo quartier generale: lo street food funziona perché non propone alimenti industriali cucinati, ma cibi preparati con materie prime e ricette ad hoc, freschi e genuini. Serve quindi un laboratorio dove prepararli e stoccare i materiali. Un costo fisso che, però, può essere suddiviso tra più veicoli.

L’ape è il veicolo più utilizzato per la sua praticità e il fascino che suscita, ma è consigliata per spostamenti tra i 10 e 15 km. Per percorsi più lunghi, se non si vuole caricare l’ape su un veicolo più grande, di solito si preferiscono altri mezzi. Naturalmente tra i costi va considerata anche la manutenzione ordinaria e straordinaria del veicolo.

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